lunedì 10 marzo 2014

Quando la storia interseca la scienza: il principio dei vasicomunicanti e capillarità


È terribile che nell’ultimo tempo non abbia mai scritto, ma ero troppo impegnata ad abboffarmi di buon cibo romagnolo cucinato da mia nonna e mia mamma (come annunciato l’annuale competizione di preparazione del cappelletto non è mancata nemmeno questa volta).

Poi ho passato il resto dei giorni a piangere sulle calorie appena ingerite.



Poi ho trovato questa soluzione vincente su facebook, e mi sono messa ovviamente a salutare il più possibile: mi sento già meglio. Non ho perso un kg, ma ci ho guadagnato nettamente in vita sociale.

Uscita dalla depressione per accettazione del mio attuale ingombro sterico, il lavoro mi ha un po' tolto energie. Ma ora ho deciso di tornare a occuparmi di scienza, ovvero di chimica: tutta contenta sono andata da A. e gli ho chiesto:  “non c’è niente di cui vorresti che parlassi nel mio blog? Qualcosa che muove la tua curiosità.... un elemento, una reazione, un qualcosa che usi di chimico...".

Lui mi ha guardato con i suoi meravigliosi occhi verdi e mi ha detto: proprio in questi giorni il mio prof ha utilizzato un concetto chimico di cui vorrei proprio una spiegazione da parte tua, perché secondo me lui l'ha usato senza averne bene un'idea....
E allora io, tutta inorgoglita dal poter per una volta sembrare intellettualmente sexy, e non parlare solo di puzze prodotte in laboratorio durante la mia carriera universitaria, gli ho chiesto: "quale?!" E lui sorridendo mi ha detto: "i vasi comunicanti!".


Il mio sorriso si è spento. "Ma questo è un argomento di fisica!" Ho pensato. Ma volevo comunque conquistarlo con le mie doti cerebrali, quindi ho accettato la sfida.

Tutto nasce da un'affermazione del prof di (credo) storia antica:

(Foto del prof di A. nel tipico mood: "Silenzio! Parla il faraone")


"Gli imperi antichi sono come i vasi comunicanti: quando un impero perde potere lo conquistano le "entità territoriali" (che Dio solo sa cosa sono, e il ristretto manipolo di storici intorno a lui. Io ho tradotto alla lettera dallo spagnolo)".

Da qui, i giusti dubbi.

Questa che vedete qui sotto è un'immagine del principio dei vasi comunicanti:




Sinceramente, mi sembra molto più credibile che questo brav'uomo iberico si riferisse nella sua affermazione, invece, alla capillarità, che guarda caso è proprio l'eccezione del principio dei vasi comunicanti:
(Immagine in cui non si vede quasi niente. Contenti? Rimarrete coi dubbi.)

Ma di fondo, di cosa stiamo parlando?

Il principio dei vasi comunicanti, come dimostra bene l'immagine 1, afferma che in due o più tubi collegati tra loro, indipendentemente se uno è a forma di tuo nonno e l'altro a forma di cuore-perché-tra-poco-è-San-Valentino-li-mortacci-a-questa-festa-che-genera-solo-scontenti-e-malumori, indipendentemente dalla sezione e dalle dimensioni, riempiti dello stesso liquido (e non cercate di mettere acqua e olio, acqua e mercurio (di cui ne avrete in abbondanza, immagino), il liquido stesso raggiunge lo stesso livello in entrambi.

(Si nota chiaramente il tubo a forma di tuo nonno)


 E molti di voi diranno: "e quindi?! Che mi importa?!".

Guardate questa immagine e vergognatevi un pochino:



Questo principio, decisamente essenziale, afferma che  se sul liquido non agiscono forze esterne, e ricordiamo che il liquido deve essere uno e uno solo perché se hanno densità diverse ci si trova di fronte a questo:



allora si arriva ad un equilibrio, nel quale la superficie del liquido nei due tubi si dispone su un piano orizzontale. Ovvero, lo stesso livello.
(Per chi fosse un appassionato, cerchi la legge di Stevino, da cui tutto ho inizio, con le sue formule matematiche. Io mi sono promessa di smettere, perché la gente già crede che sia nerd perché risolvo il cubo di Rubik in 6 minuti di media... Se mi metto a sbandierare formule matematiche mi ricoverano).

Comunque, questo equilibrio scoperto da Stevino, è dato dal principio zero della chimica, detto anche il principio "la mela non cade mai troppo lontana dall'albero", ovvero quello per cui l'Universo, come chi lo abita, tende alla pigrizia, cioè a minimizzare la sua energia complessiva. E questo è geniale. Oltre al fatto che è anche il teorema che spiega come mi sono strappata la schiena cercando di allungarmi a dismisura per spegnere la luce senza alzarmi dal letto.
L'equilibrio in questo caso è dato dalla forma che minimizza l'energia potenziale complessiva, (uh-uh, che paroloni...), e questo è possibile quando il potenziale sulla superficie è uniforme.

La capillarità è un'altra storia.

Prendendo in esame vasi comunicanti, in cui il diametro dei tubi è decisamente più piccolo, ovvero < 2 mm, i vasi, oltre a essere comunicanti sono definiti capillari. 
E questo stravolge le cose.



Il fattore di stravolgimento, in particolare, è il tipo di liquido: alcuni di questi, come il liquido a) che molto probabilmente rappresenta l'acqua o un suo amico, "bagnano" la parete, ovvero tendono a risalire i tubi: si forma il menisco (no quello del ginocchio), che in questo caso è concavo. Altri, come il b), che nonostante il colore dell'immagine rappresenta il mercurio, non bagnano le pareti, quindi il menisco è convesso, e il liquido non risale.
Si dice, infatti che nel caso a) siano più forti le forze di adesione, mentre nel caso b) quelle di coesione.

Ecco spiegato, ho pagato il mio tributo a Cesare (sempre per rimanere in tema storico...) e vi ho mostrato tutto il mio fascino nella mia saccenza.

Primo caso documentato nella storia di sexy saccenza.


Ora vi lancio un appello, cari amici o sconosciuti che passate per il web: c'è qualcosa di un po' più chimico di cui vorreste sentire spiegazioni farcite di mirabolanti scemenze? Attendo vostre proposte.

giovedì 6 marzo 2014

La chimica: la risposta ai segreti di Madrid

Vivo a Madrid da quasi un anno, e ancora non mi capacito di come questa città possa essere così bella. Madrid sa farti sentire a casa anche se la tua casa è a duemila km, ha la capacità di farti sollevare lo sguardo dall'asfalto per contemplarne i palazzi, anche se già visti. E poi più su, fino a quel cielo che "sembra più vicino", come diceva sempre mia sorella. Questo posto io ora lo chiamo casa. 



Potrei proseguire ore e ore parlando di questa mia nuova storia d'amore con Madrid, ma uscirei dal mio freddo rigore scientifico, che ho imparato nei miei 5 anni di università. Dedico quindi questo post a mia sorella, a Juan, che pur circondato sempre da italiani, non ha perso un briciolo del suo orgoglio madrileño, e a Monica. Non fingere di non volerti fermare per sempre!

Girando per le strade di questa città, è molto probabile incappare in cose misteriose, o in piccoli particolari che nascondono una grande storia.
In particolare, sono incappata in quello che pensavo fosse un murales molto interessante, scritto sulla parete lilla di un palazzo del quartiere La Latina: 


(Traduzione: fui edificata su acqua, le mie mura sono di fuoco)

Potente, davvero. Credendo si trattasse di un'immagine poetica di qualche graffitaro, o magari di un pittoresco proprietario di quella casa, non mi sono preoccupata più di tanto, ma oggi ho scoperto la verità, che è a dir poco strabiliante: protagonista di questa frase è la città stessa di Madrid.
Angolo storico: Madrid, quando ancora non era né metropoli, né capitale, fu conquistata dagli arabi, e si mantenne sotto il loro dominio fino a che non fu liberata da Alfonso VI (tutte informazioni datemi da A. La prima volta che mi portò a Madrid. E siccome io non ero ancora la sua morosa, ma morivo dalla voglia di esserlo, pendevo dalle sue labbra, così che mi ricordo persino di alcune cose storiche!). 
Nei più di 300 anni in cui furono insediati lì, gli arabi portarono grandi migliorie a due cose, in particolare:
-il sistema idrico: nella città, che gli arabi chiamavano Mayrit, fu curato con minuzia, tanto che il primo scudo i Madrid raffigurava l'orso e il corbezzolo (attuali simboli di Madrid) con ai piedi due corsi d'acqua. 
Da qui la frase "y sobre agua armada / tus venas de agua y sierras luz te prestan”. (1550)



- Ma soprattutto, la  seconda cosa, erano le mura della città.

Se dovessimo prendere alla lettera le parole della scritta, penseremmo che le mura fossero fatte di fuoco. Ma essendo esseri dotati di grande intelligenza, sappiamo che questo è impossibile....

Impossibile? Non proprio.

Quello che l'antico motto di Madrid esprime, è che le mura della città sembravano fatte di fuoco. Come è possibile questo fenomeno?
Le mura di Madrid sembravano effettivamente fatte di fuoco, perché ogni volta che venivano colpite da una freccia, l'impatto provocava moltissime scintille, tanto da sembrare fuoco, e questo è dovuto al materiale con cui erano rivestite le mura: la selce.



E qui il piccolo chimico che è in me è impazzito.

La selce è un una roccia in gran parte costituita da silice (SiO2) in forma cristallina (quarzo), fibrosa (calcedonio) e amorfa o vagamente cristallina (opale). È una roccia sedimentaria di origine inorganica (in condizioni estrme di pH e temperatura, come vicino ai geyser e in prossimità di vulcani sottomarini) o organica (nasce anche dal sedimento di isoscheletri o gusci silicei di alcuni bagarospi su cui meglio possono illuminarvi i vostri amici biologi, ed è una roccia che può assumere diverse colorazioni (giallo chiaro, rosso bruno o nero).
La selce è piuttosto facile da scheggiare, ed è un materiale particolarmente duro, tanto che per queste caratteristiche è stata utilizzata nella preistoria, fino alla scoperta del rame, per fabbricare le punte delle asce , frecce e lance. Persino la lama ritrovata vicino a Otzi era di selce.
Ma da cosa nascevano le fiamme? Nascevano dal fatto che la selce è il materiale principale usato nella storia come pietra focaia, sia per accendere i fuochi da campo, sia per le prime armi da fuoco. Era necessario il solo attrito, che se ottenuto con pezzi di metallo, a causa della durezza del primo sgretolava in polvere sottile alcuni strati del metallo, che col calore stesso dell'attrito si infiammavano.

È normale, quindi, che gli avversari di Madrid, ma forse anche gli stessi abitanti della città, credessero che le mura fossero fatte di fuoco, come in una sorta di magia. Che invece, altro non è che chimica.